L’organizzazione del lavoro in Porto

L’organizzazione del lavoro in Porto Vecchio

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La divisione delle mansioni e dei ruoli era abbastanza rigido fin dai tempi della nascita del Porto e del suo funzionamento sotto l’Austria.\r\n\r\n

L’Azienda dei Magazzini Generali\r\n\r\n

Quando Trieste, dopo il primo conflitto mondiale, passò all’Italia esisteva una divisione netta fra le compagnie dei Portuali e l’Azienda Magazzini Generali. Quest’ultima era una società a capitale pubblico e privato che organizzava e amministrava il traffico delle navi in porto, contrattava le tariffe, sovraintendeva alle macchine, alle gru e alla parte di movimentazione delle merci su rotaia. Aveva del personale proprio assunto per tutti i lavori sopraddetti.\r\n\r\n

Le compagnie dei portuali invece si dividevano in base\r\n\r\n

  • \r\n\tal tipo di lavoro: Operazioni di manipolazione delle merci a bordo delle navi e operazioni a terra\r\n\t
  • \r\n\tal tipo di rapporto: Cottimisti stabili e cottimisti avventizi\r\n\t
  • \r\n\tal luogo dove espletavano il lavoro Porto Emanuele III, porto Emanuele Filiberto Duca d’Aosta, Porto Doganale.\r\n\t

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Il lavoro di facchinaggio\r\n\r\n

I facchini chiamati al lavoro variavano per numero a secondo della quantità di navi e del tipo di merce da scaricare. Le chiamate erano tre volte al giorno: alle 7,45, alle 12,45 e alle 16 per il turno di notte. Le tariffe erano prefissate e variavano anche in rapporto al tipo di merce. Le cosiddette merci di massa, per lo più carbone e altro materiale, venivano movimentate a tariffe più basse rispetto alle merci più preziose e delicate.\r\n\r\n

Le compagnie dovevano garantire per conto di tutti i loro iscritto che il lavoro fosse eseguito rapidamente e a regola d’arte. Esisteva quindi una gerarchia di comando accettata dai più che garantiva e contrattava le condizioni di ingaggio. D’altra parte le compagnie  avevano l’esclusività del lavoro. All’interno del porto nessun altro, nemmeno le società proprietarie della merce, potevano manipolare la merce a bordo o a terra.\r\n\r\n

Le condizioni di vita e di lavoro\r\n\r\n

Le compagnie dei portuali contrattavano anche le condizioni di lavoro, le garanzie sociali e gestivano i conflitti sia con l’Azienda Magazzini Generali sia con gli altri lavoratori addetti alle macchine e ai treni. Quest ultimi infatti erano dipendenti dell’azienda, non lavoratori a cottimo. Inevitabile quindi che nascesse più di un motivo di contrasto. Con l’avvento del regime fascista questo modo di operare diventa legge e viene canalizzato dalle attività corporative del sindacato fascista che interviene sempre di più nell’organizzazione del lavoro in porto.\r\n\r\n

Le Compagnie dei Portuali avevano l’esclusiva rispetto alla movimentazione delle merci in porto. Fino al 1952/53 alle aziende proprietarie delle merci era fatto divieto di intervenire nelle attività di manipolazione delle merci e anche successivamente questo era assai contrastato. Le compagnie mantenevano anche una rigida divisione fra di loro rispetto al tipo di lavoro: maneggio delle merci a bordo, maneggio delle merci a terra, così come abbastanza rigide erano le liste dei lavoratori permanenti e dei lavoratori avventizi, chiamati solo in caso di carichi particolari carichi di lavoro.\r\n\r\n

Solo nel 1952 vengono aperti i ruoli e vengono immessi nelle liste di lavoro dei fissi, un certo numero di occasionali. E solo nel 1979 vengono unificate tutte le compagnie.\r\n\r\n

In questi anni però l’intero sistema comincia a scricchiolare sia per il progressivo inserimento dei container e dei macchinari nuovi per la loro movimentazione, sia per le crisi politiche mondiali come la chiusura del Canale di Suez nel 1956.