Pubblichiamo la lettera di Paolo Rumiz uscita sul Piccolo di Trieste del 25 gennaio 2017
Ha ragione il signor sindaco di Trieste a voler fare il parco del mare entro la fine del mandato: così i debiti dell’operazione li pagherà il suo successore. Difatti egli sa benissimo – e se non lo sa è grave – che in Italia non esiste un solo acquario in attivo. Quello famoso di Genova, che arranca come visitatori, è una macchina infernale già superata: enormi masse d’acqua da ripulire, vasche da riscaldare, pesci che muoiono continuamente. Gli effetti collaterali sarebbero tali anche a Trieste che al prossimo candidato-sindaco basterà raccogliere firme contro il progetto per una decina di giorni davanti al “Pedocin” per vincere le elezioni. Suggerisco già il nome del nuovo partito: “La Lanterna”. Un simbolo imbattibile.
Io mi chiedo se giunta comunale, Camera di commercio e chi sponsorizza il progetto anche con pagine a pagamento su Il Piccolo abbiano idea della bicicletta che dovranno pedalare. Ammettiamo pure che siano bravissimi e ce la facciano, e che un milione di visitatori l’anno vengano a Trieste. Dove metteranno le centinaia di migliaia di automobili? In Riva Traiana? Accanto alla piscina di mare? Ma no. Servirebbero le Rive intere. Come dire il collasso, con devastanti effetti sul traffico dei camion al terminal ro-ro. Se invece il milione non arriverà, e ci limitassimo a 500 mila (che pure sarebbe un buon risultato), la struttura non reggerà ai costi proibitivi di gestione, e il mitico parco del mare diverrà un nuovo cimitero degli elefanti di cui vedo già le magnifiche rovine in bella vista all’ingresso della baia.
L’impressione è che non si sappia bene di cosa parla.
Primo:il diritto a comprare un’area non significa affatto diritto a edificare.
Secondo: un progetto non è una scatola che può essere spostata senza problemi da un posto all’altro.
Terzo: va cambiato il piano regolatore del Porto e anche quello della città.
Possibile che non se ne tenga conto? Non è possibile. Al che viene da pensare che questa macchina sia solo propagandistica, utile in due sensi. Uno: far intascare un gruzzolo a progettisti amici per un parco che tanto non si farà mai. Due: dar la colpa ad altri della mancata realizzazione e far fare a chi si oppone la figura del solito, miserabile esponente del “no se pol”. Tre: lanciare la prossima campagna elettorale con candidato sindaco l’attuale presidente della Cdc.
Intorno a tutto questo, a livello istituzionale, ristagna un silenzio impressionante. Ma chi sono gli inquilini della Camera di commercio? Possibile che all’interno di una stimata e fondamentale categoria non ci sia una voce critica? Come mai in ambito commerciale non si fa viva una persona che dica: attenti, qui la categoria sta morendo e voi vi trastullate con lussuose utopie? Che democrazia esiste in un sodalizio che elegge per quattro volte di fila lo stesso presidente e non trova niente di strano in tutto questo? Quale zuccherino ha convinto la Cdc di Gorizia di sposare un ente a gestione ereditaria, e ad accodarsi a un progetto del genere? E soprattutto, in questi vent’anni, quanti posti di lavoro ha creato la Cdc? Oppure ha solo gestito una decadenza trastullandosi tra convegni e ricevimenti?
Le alternative, più realizzabili. Ma torniamo al sindaco. Ho mille idee alternative più realistiche da regalargli. Ridare dignità alle Rive difronte al mercato ortofrutticolo, da lui rifatte come viabilità durante il precedente mandato e già ridotte in condizioni pietose per uso di materiali precari dalle ditte in appalto. E poi mettere finalmente un distributore di carburante sulle banchine per non costringere il turismo nautico a fare il pieno in Slovenia. Riaprire ai triestini i moli blindati dalle società veliche. Tirare giù l’osceno edificio incompiuto accanto alla stazione di Campo Marzio e discutere con le Ferrovie il rilancio di quest’ultima. Restaurare fontane. Rastrellerebbe molti più consensi.
Ho la sensazione di essere di fronte a un distillato di insensatezza. Perché ostinarsi a fare il parco – ammesso che serva – in un’area così intasata quando esiste tanto spazio altrove? Come mai non si pensa al Porto vecchio, che ha metrature principesche e soprattutto finanziamenti a disposizione? E poi basta costruire. Siamo intasati di cemento e stufi di fallimenti. La città non lascerà morire impunemente il suo antico faro, la Lanterna appunto, simbolo stupendo della sua gloriosa marineria, per troppo tempo ridotto a languire in mezzo a edifici inguardabili e ora destinato a subire il colpo di grazia di un inutile parco? Vivaddio, riprendiamoci il mare, invece di chiuderlo in gabbia.